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Riflettendo sul raccontare e sul raccontarsi. Hannah Arendt e IL RACCONTO DELLA STORIA.

28/07/2022

Nel pensiero di Hannah Arendt la Storia è l’ambito della ‘novità e della imprevedibilità’, è un intreccio di storie, la cui complessità non può essere descritta dal filosofo, bensì dal poeta o dal narratore. La Storia è concepita come il quadro di avvenimenti al cui compimento concorrono, ma senza potere determinante, le azioni degli uomini; esse, proprio perché interrompono il fluire storico, possono essere portatrici del nuovo oltre la semplice sequenza temporale.

Lo ‘story-telling’ consente allora di conservare la memoria di ciò che è accaduto, perché l’azione compiuta e le parole pronunciate sono fragili e spetta alla memoria, al ‘racconto della storia’, conservare e tramandare il significato degli avvenimenti.

Ecco perché Arendt nutre un profondo interesse per le biografie di alcune personalità “eccezionali” che testimoniano come la storia è ‘storia della singolarità’. Ogni esistenza può rivelarsi una fonte di luce che rischiara, anche solo per un momento, il ‘buio’ di quei periodi che sembrano segnati da una crisi senza sbocco:

“Anche nei tempi bui abbiamo il diritto di aspettarci qualche illuminazione, che tale illuminazione può provenirci meno da teorie e concetti che dall’incerta, tremula e spesso fioca luce che alcuni uomini e alcune donne, con le loro vite e con le loro opere, riescono ad accendere nelle circostanze più diverse e a diffondere durante il tempo loro concesso sulla terra.”

Risulta allora necessario salvare al contempo uguaglianza e diversità tra gli uomini, ossia l’individualità; se fossimo infatti tutti uguali non ci sarebbe curiosità dell’altro, non esisterebbe linguaggio, saremmo animali con la necessità solo per il qui ed ora. Il concetto di uguaglianza della Arendt indica l’identica possibilità per ognuno di prender parte al gioco che si recita nello spazio pubblico comune ed implica «la gioia di non esser soli al mondo. Perché solo nella misura in cui sono tra i miei eguali io non mi sento solo».

Gli uomini così interagendo definiscono la natura della loro relazione nella ‘con-divisione’, stabilendo legami e rapporti di dipendenza, che implicano l’assunzione di responsabilità rispetto all’altro: «Non l’uomo, ma gli uomini abitano questo pianeta. La pluralità è la legge della terra». Noi non potremmo nascere, ma neanche agire senza gli altri uomini; questo ‘stare insieme’ è ciò che Arendt chiama ‘potere’.

Il passato è costruito a partire dal presente, il quale seleziona ciò che, ai suoi occhi, è storico, vale a dire precisamente ciò che, nel passato si sviluppa per produrre presente” Edgar Morin

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