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In Biblioteca: conversando di Biblioterapia

28/06/2020

Conversando con Alessandra Manzoni, Biblioterapista dello Sviluppo.

 

Partirei chiedendoti come sei venuta in contatto con la Biblioterapia e che cos’è.

Venni in contatto per la prima volta con la parola Biblioterapia una decina di anni fa quando decisi di riscrivermi all’Università e sostenni un esame di Psicologia dell’Arte. La Biblioterapia veniva citata tra le Arti Terapie insieme alla Poetry, alla Musicoterapia, alla Danza terapia.

Rimasi fortemente colpita dall’esistenza di una metodologia che utilizza lettura e materiale letterario per stimolare la crescita personale e favorire la cura di alcune lievi patologie psichiche.

Il mio interesse è stato immediato; ho iniziato a fare ricerca sul tema in modo da comprendere di che cosa si trattasse veramente e a quali settori fosse applicabile. Per altro la Biblioterapia andava a conciliare mie passioni personali con possibili interessi professionali. Sin da bambina infatti la lettura è stata per me fonte inesauribile di vita e benessere, uno spazio di riconciliazione con la mia creatività, con quel pensiero divergente e il suo continuo bisogno di nuovi stimoli. Crescendo,  la totale fiducia nella potenza della lettura non mi ha mai abbandonata e l’idea che questa potesse diventare anche un mezzo per aiutare gli altri a sentirsi meglio, a comprendersi e a comprendere con efficacia il mondo circostante, mi è parso immediatamente come qualcosa di straordinario che univa tutti i miei interessi in un filo rosso inaspettato.

Andando a curiosare qua e là ho scoperto che la Biblioterapia esiste da più di un secolo, già dagli inizi del 900 se ne parla; che cos’è e nasce in ambito clinico per curare quale tipo di malattia?

La Biblioterapia, essendo multidisciplinare e trasversale, si presta a diverse definizioni. Personalmente intendo per Biblioterapia ‘l’uso creativo e ragionato della lettura e del materiale letterario a partire da un progetto,  grazie  alla guida o all’intervento di un facilitatore, con l’obiettivo di promuovere sviluppo, confronto e autoconoscenza’.

Nel concetto di Biblioterapia la parola biblion (libro) è stata accostata al termine therapeia (cura che significa custodire) intesa nell’accezione più ampia di ‘prendersi cura della persona’ e non nel senso univoco di ‘cura medica’. Il ‘libro’ qui non viene giudicato secondo una valutazione filologica o critico-letteraria, ma per la capacità di stimolare un cambiamento nell’individuo.

Questa metodologia è nata negli Stati Uniti all’Inizio del ‘900 e il suo termine fu coniato nel 1916, ma le sue radici affondano nell’antichità:  basti  pensare che già la Biblioteca di Alessandria D’Egitto presentava l’scrizione Ospedale dell’Anima e che nel 1272 l’Ospedale del Cairo inseriva la lettura del Corano nel processo di cura. Lo stesso Aristotele ne ‘La Poetica’ datata intorno al 330 a.C. parlava di catarsi come purificazione dalle emozioni, e la catarsi è una delle fasi psicodinamiche che la Biblioterapia sfrutta per la sua efficacia.

Questa tecnica nasce in ambito clinico:  alla fine del XVIII secolo medici pionieri quali Pinel, Chiarugi, Tuke cercano di migliorare il trattamento dei disturbi mentali  introducendo, tra gli altri interventi, la distrazione derivante dalla lettura (parliamo di Biblioterapia ricreativa).

Nel 1937 compare il primo articolo medico scritto da William Menninger sul valore della lettura in campo psichiatrico. Vi venivano presentati due temi:  l’utilizzo della metodologia da parte di figure non professioniste (es bibliotecari) e l’analisi della prescrizione di materiale di lettura come misura terapeutica per pazienti psichiatrici ospedalizzati, per le lievi nevrosi o i problemi di alcoolismo.  Durante le due Guerre Mondiali poi la Biblioterapia fu usata negli Stati Uniti con i reduci; il basso costo di un libro poteva essere facilmente sostenuto per lenire in  di lenire i traumi derivanti dal conflitto.

Lo sviluppo che ebbe lungo tutto il Novecento e in particolare durante la seconda metà del secolo, testimonia quanto interesse ci fosse e ci sia ancora rispetto all’uso della lettura favore del benessere dell’individuo. Nel nostro paese c’è ancora molta strada compiere in particolar modo riguardo una formazione organica e codificata dei facilitatori oggi lasciata alla buona volontà o alla tenacia del singolo.

Tu sei specializzata in Biblioterapia Umanistica; cos’è e che differenza c’è con la Biblioterapia clinica?

La mia specializzazione riguarda la Biblioterapia Umanistica. Questa branca della Biblioterapia coinvolge le figure non mediche o laiche:  bibliotecari, educatori, counsellor i quali  utilizzano la metodologia con obiettivi specifici volti a stimolare e a promuovere la parte ‘sana’ del soggetto,  il normale sviluppo, il confronto e l’autoconoscenza,  sfruttando tutto il materiale letterario all’interno del confronto tra pari. La Biblioterapia dello Sviluppo lavora dunque sull’empowerment e può essere utilizzata in variati contesti: Biblioteche; Ospedali; Carceri; Case di riposo; Comunità riabilitative; Scuole; Studi privati.

Sono invece competenti della Biblioterapia Clinica  le figure mediche: psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti che si occupano di curare i disturbi mentali, la parte ‘malata’ del soggetto utilizzando i testi letterari o di auto-aiuto nel setting psicoterapeutico, con obiettivi psicologici mirati, avvalendosi anche di figure di supporto supervisionate e specializzate in letteratura.

Questa distinzione è fondamentale: è necessario infatti che i ruoli siano rispettati e le professionalità mai confuse e sovrapposte.

Il potere enorme della lettura e della letteratura è noto ai lettori e intuibile ( attiva il pensiero critico, genera cultura e consapevolezza, ci mette nella condizione di vestire i panni di qualcun altro e in qualche modo espande le esperienze del proprio vissuto quotidiano, ma vorrei capire meglio l’oggetto utilizzato. Di che libri stiamo parlando? Intendo ci sono manuali di auto-aiuto, saggi per comprendere meglio una malattia o un periodo particolare che stiamo affrontando ad esempio la gravidanza e poi ci sono i romanzi di vari generi che toccano i tempi più disparati. Possono essere utilizzati tutti i tipi di libri per la biblioterapia?

Nei laboratori di Biblioterapia può essere utilizzato qualsiasi tipo di testo: dal romanzo alla narrativa, dalla poesia al racconto, dalla fiaba agli aforismi, dai saggi fino ai testi di canzoni. Ciò che conta è che la creatività nell’uso ragionato della letteratura sia adeguatamente gestita. I libri scelti devono contenere risorse utili e accessibili per i partecipanti, con contenuti che favoriscano l’intelligenza emotiva e che suscitino dinamiche e identificazioni.

I testi vanno selezionati, letti, analizzati, inseriti nella storia personale dei partecipanti e arricchiti di altri testi, di qualsiasi tipologia letteraria, che ne possano amplificare il senso. La cosiddetta Biblioterapia Cognitiva utilizza i libri di auto-aiuto, mentre quella Affettiva sfrutta la potenza evocativa della parola inserite nei libri  per suscitare immedesimazione, proiezione, catarsi e integrazione che sono le fasi fondamentali della processo biblioterapico.

Noi, qui a Basilio, abbiamo un gruppo di lettura unito e attivo e ci incontriamo ogni mese per parlare assieme di un libro che abbiamo letto in comune e ci scambiamo opinioni, riflessioni che spesso portano anche a farsi conoscere e far conoscere il proprio pensiero al gruppo. Che differenza esiste e quali sono invece i tratti che uniscono biblioterapia e gruppi di lettura?

I Gruppi di lettura sono preziosissimi. Il loro scopo primario è la lettura e la condivisione di libri all’interno di gruppi  che presentano una forma di partecipazione orizzontale e paritaria la quale origina una vera e propria  “sfera pubblica” della lettura –  per dirla con Hannah Arendt. Diffusione, approfondimento e conservazione di questa passione contano molto sui Gruppi di lettura.

I laboratori di Biblioterapia partono invece da un progetto e hanno uno o più obiettivi da raggiungere. I testi inseriti nel laboratorio verranno scelti a partire dal progetto iniziale seguendo una metodologia codificata.  All’interno dei gruppi di Biblioterapia – nei quali il facilitatore è un elemento tra gli elementi e svolge il compito di proponente e mediatore delle dinamiche – vengono letti brani scelti ad alta voce, utilizzando la lettura espressiva.

Si tratta di  incontri interattivi durante i quali ognuno interviene con la propria opinione e le proprie idee sull’onda delle emozioni evocate dalle parole dei testi. Accade spesso che le persone si identifichino nei personaggi e sentano il bisogno di condividere la propria esperienza con i membri del gruppo, ma possono anche decidere di non intervenire e sentirsi parte del gruppo solo con l’ascolto. Per partecipare agli incontri basta essere interessanti; non servono particolari competenze scolastiche: chi è già lettore porterà la propria esperienza, i propri autori e libri amati; chi non è abituato a leggere avrà l’occasione sperimentare questo mondo.

Ci sono alcuni libri che ho trovato e sui quali vorrei un commento. Uno è ‘Curarsi con i libri’, una lunga lista di malesseri in ordine alfabetico ai quali vengono affiancati titoli e trame di libri consigliati. Un libro del genere può essere d’aiuto al biblioterapista?

Conosco e apprezzo ‘Curarsi coi Libri’ di Ella Berthoud e Susan Elderkin. Questo genere di testi può essere utile ad un biblioterapista come stimolo e suggerimento nella scelte delle tematiche da proporre a un gruppo –  per esempio.

Il lavoro del facilitatore è però ben più articolato: prevede innanzitutto la lettura sistematica, lo sgrossamento, la ricerca delle connessioni cognitive e emotive che si trovano all’interno dei singoli libri, oltre alla scelta dei testi che si possano affiancare ai primi per strutturare un processo armonioso, creativo e efficace.

Il lavoro sul materiale deve essere svolto dopo aver individuato la fascia degli utenti ai quali si rivolgerà il laboratorio e aver compiuto una raccolta dati dei partecipanti in modo da stilare un programma adatto alla loro competenza scolastica, linguistica e cognitiva. Su questa base sarà pianificato il programma di massima che sarà destinato a continue revisioni in itinere. Il passaggio finale sarà il processo di verifica, un feed back sull’attività svolta che consenta di valutare l’efficacia del percorso intrapreso nel gruppo.

E’ dunque evidente che testi come ‘Curarsi coi libri’ siano interessanti come stimolo iniziale o suggerimento di libri alternativi da utilizzare; ma, a questa primissima fase è necessario che si aggiunga un lavoro di attenta cernita e di studio approfondito di qualsiasi libro si voglia coinvolgere nel processo biblioterapeutico ideato.

Un altro libro che sta avendo molto successo è ‘La piccola farmacia letteraria’ di Elena Molini.  Prendendo spunto dalla sua esperienza ha deciso di scrivere un romanzo dalle tinte rosa. In sostanza la cosa curiosa che ha fatto è che dopo anni nella grande distribuzione ha deciso di aprire una sua libreria dove tutti i testi sono catalogati in base alle emozioni, agli atteggiamenti, agli stati esistenziali in essi contenuti anziché in base alla trama. Inoltre sono accompagnati da un bugiardino realizzato da libraie e psicologhe con tanto di indicazioni terapeutiche, posologia ed effetti collaterali come se fosse in una farmacia. Cosa ne pensi, c’entra con la Biblioterapia?

Apprezzo moltissimo l’iniziativa di Elena Molini che con la sua Piccola Farmacia Letteraria ha dato vita ad un’esperienza  veramente originale. Io stessa me ne servo: trovo il loro team molto preparato, efficace e di grande capacità estetica. Per altro sostengo fortemente tutte le iniziative che riguardano librerie indipendenti, ammiro e condivido il loro coraggio nel sostenere la lettura in tempi così difficili.

Per quanto concerne il rapporto che può intercorrere tra queste iniziative e la Biblioterapia, affido la mia riflessione alla teoria della ricezione del testo. Essa sottolinea una serie di punti chiave:  il piacere estetico di un libro è catartico e permette di conoscere e conoscersi meglio; esiste un protagonismo del lettore rispetto al testo grazie al quale ogni  libro diventa un libro nuovo per ogni singola persona che lo legge;  esiste un punto di vista errante del lettore per il quale non si trova mai una lettura definitiva di un testo: in momenti diversi della vita possiamo  riscopre un libro già letto come fosse un libro nuovo, che ci parla e ci propone la stessa storia mostrandoci esperienze rinnovate o ampliate, perché rinnovato e ampliato sarà il nostro attuale approccio. Ciò accade perché quel che conta è la realtà emotiva del qui ed ora, la realtà a disposizione del lettore nel momento esatto in cui è immerso nella lettura.

Riassumendo:  pur essendo utilissimi i suggerimenti rapidi volti a stimolare una scelta mirata e consapevole del libro che si necessita di leggere  –  non possiamo dimenticare che un efficace risultato biblioterapico scaturisce da un processo ben più complesso che vede coinvolti più attori tra loro interdipendenti: il  processo psicodinamico, la teoria della ricezione del testo, la disposizione emotiva individuale che fanno della lettura di ogni libro un’esperienza esclusiva a irripetibile per ogni singolo individuo.

 

Tags: biblioteche, biblioterapia, evidenze scintifiche, lettura

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