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Il ballo delle pazze di Victoria Mas

31/03/2021

Mia cara sorella,

stanotte ti ho sognato…. Quando ti vedo sono felice. In quel momento so che sei davvero con me. Qualche giorno fa ho ricevuto un’altra lettera di Eugénie. A Parigi il suo dono è conosciuto solo da una ristretta cerchia di interessati. È prudente, attenta a circondarsi da persone che non la prendono per un’eretica. Se sapessero. Quelli che l’hanno giudicata, quelli che hanno giudicato me. Il loro giudizio risiede nelle proprie convinzioni. La fede incrollabile in un’idea porta al pregiudizio. Ti ho già detto quanto mi sento serena da quando ho dei dubbi? Proprio così, non bisogna avere convinzioni, bisogna poter dubitare di tutto, delle cose e di sé stessi. Dubitare. Mi sembra chiarissimo da quando sono dall’altra parte, da quando dormo in quei letti che prima mi facevano orrore. Non mi sento vicina alle donne che stanno qui, ma ormai le vedo come sono. Non so se andrò via di qui presto o non ne uscirò mai. Dubito che la libertà sia là fuori. Ho trascorso fuori da queste mura la maggior parte della mia vita, e non mi sono sentita libera. Non credo che sia questo l’obiettivo a cui aspirare. Aspettare di essere liberata è un sentimento vano e insopportabile.»

 

Tra queste pagine intense si respira l’aria del riscatto, qualcosa ancora da venire, ma già presente nell’ intuizione profonda di quelle donne condannate all’alienazione, a causa della loro vitalità, dalla società civilizzata.

In questo luogo della disperazione va in scena la lotta per i diritti elementari di donne spesso colpevoli solo di avere un’opinione, una lotta impari contro un maschile meschino per il riconoscimento della propria individualità, delle proprie capacità e di quella intelligenza che tutto sa tenere.

Eppure tra quelle mura così spersonalizzanti si agisce una silenziosa capacità di cura che si traduce in presenza, in sguardi, in piccoli gesti, in respiri e parole di condivisione antica, priva di commiserazione e pena. Queste pagine ci chiamano a riflettere sul ruolo della donna, ieri come oggi, sulla sua fragilità, sul suo assoggettarsi a una cultura antiquata e violenta. Ci chiamano a riflettere sulle sue risorse, sulla capacità di dissentire e di farsi forte delle proprie convinzioni anche quando disturbano l’ordine costituito.

Un manicomio che diventa casa per quelle disperate che non hanno mai avuto un posto migliore dove stare; un manicomio per tutte quelle la cui sensibilità si traduce in inferiorità e in ingiustizia; un manicomio per quelle donne che hanno osato chiedere qualcosa per se stesse.

Il maschile è duramente colpito da queste pagine, ne esce perdente e misero. L’alleanza tra dubbio e amore, tra rispetto e coraggio porteranno a un finale imprevedibile, doloroso e commovente.

«Che hai da sorridere?» – L’alienata la guarda. «Sa, l’esistenza è affascinante».

Tags: donne, manicomio, storia

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