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Filosoficamente

16/11/2023

Il terzo mercoledì di novembre si celebra la Giornata Mondiale della Filosofia.

Fatta salva la discussione sull’opportunità delle ormai numerosissime giornate commemorative – talmente numerose che si rischia passino inosservate – poter riflettere sul valore della filosofia nello sviluppo del pensiero umano è un tema rilevante e lo è anche in riferimento alla Biblioterapia.

La filosofia è una disciplina stimolante ma anche una pratica quotidiana che può trasformare le società. L’incontro del materiale filosofico con la metodologia biblioterapica può diventare uno strumento potente capace di agire sul long life learning, ossia sul processo di formazione permanente che coinvolge l’uomo lungo l’arco di tutta la vita.

La ricerca di senso che orienta al benessere può essere stimolata attraverso le grandi metafore filosofiche. L’utilizzo del pensiero maieutico applicato alle narrazioni ci fa fare esperienza della ricerca di una possibile verità rintracciabile frammentata nei personaggi e negli eventi della storia. Il talento del lettore sta nella capacità di connettere i diversi pezzi di questa realtà lasciandosi attraversare dal dubbio, mettendo a terra le idee sicure per darsi nuove possibilità di pensiero.

Uno sguardo filosofico si sviluppa infatti riuscendo a spostare il proprio sguardo negli occhi dell’altro perché, per dirla con Proust, l’essenziale non è vedere nuovi mondi ma avere nuovi occhi. Questo dato tiene insieme filosofia e biblioterapia che si incontrano nel processo di purificazione dalle emozioni chiamato catarsi accompagnando il lettore nella scoperta di parti di sé poco frequentate.

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“Un tempo antico in un paese dell’Arabia regnava il califfo Omar, ricco e benvoluto perché era saggio. Era di larghe vedute e non si arrestava all’apparenza delle cose. Prima di esprimere dei giudizi si sforzava sempre di comprendere le relazioni e i legami che ci sono tra i fatti anche se a prima vista potevano apparire isolati e diversi. Egli era perciò rattristato per la grettezza di spirito dei suoi ministri che non vedevano più in là del loro naso.

“Va in giro per il mio regno” disse un giorno il califfo ad un servo fidato “e trova, se ti riesce, tutti gli uomini sfortunati dalla nascita che non hanno mai potuto vedere e che non hanno mai sentito parlare degli elefanti”.

Il servo fedele eseguì l’ordine e dopo qualche tempo ritornò con alcuni ciechi fin dalla nascita. Essi erano cresciuti sperduti in piccoli villaggi tra le montagne, perciò, degli elefanti non avevano mai sentito parlare e non ne supponevano nemmeno l’esistenza. Il califfo fece un gran ricevimento con tutti i suoi ministri e alla fine del banchetto fece entrare un grosso elefante da una porta di bronzo e i ciechi da un’altra porta più piccola.

“Mi sapreste dire che cosa è un elefante?” chiese il califfo ai ciechi.

“No, mai sentita questa parola”, risposero i ciechi.

“Ebbene, davanti a voi c’è un elefante: toccatelo, cercate di comprendere di che cosa si tratta. Colui che darà la risposta esatta riceverà in premio cento monete d’oro”.

I ciechi si affollarono intorno all’animale e cominciarono a toccarlo con attenzione soffermandosi sulle sensazioni che ricevevano. Un cieco stava lisciando da cima a fondo una zampa, la pelle dura e rugosa gli sembrava pietra e la forma era di un lungo e grosso cilindro. “L’elefante è una colonna!” esclamò soddisfatto.

“No, è una tromba!” disse il cieco che aveva toccato solo la proboscide.

“Niente affatto, è una corda!” esclamò il cieco che aveva toccato la coda.

“Ma no, è un grosso ventaglio” ribatté chi aveva toccato l’orecchio.

“Vi sbagliate tutti: è un grosso pallone gonfiato!” urlò il cieco che aveva toccato la pancia.

Tra loro c’era il più grande scompiglio e disaccordo perché ciascuno, pur toccando soltanto una parte credeva di conoscere l’intero elefante.

Il califfo, soddisfatto, si rivolse ai suoi ministri: “Chi non si sforza di avere della realtà una visione più ampia possibile, ma si accontenta degli aspetti separati e parziali senza metterli in relazione tra loro, si comporta come questi ciechi. Egli potrà conoscere a fondo tutte le righe della zampa dell’elefante, ma non vedrà mai l’animale intero, anzi, non saprà mai che esiste un siffatto animale”.

(“L’elefante”, una storia bibliosophica)

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