Oggi è la Giornata mondiale della gentilezza.
Un tema dalla natura delicata, in bilico tra fraintendimenti e attribuzioni di senso inopportuni. Un tema che sento fortemente legato alla pratica del biblioterapeuta che è chiamato a tenere un atteggiamento di ascolto attivo e gentile, empatico ed autorevole.
Gentilezza non si riduce a cortesia, buona educazione, spirito pacifista o amore oceanico. I suoi intenti o significati vanno ben oltre. “La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, le nostre e quelle degli altri, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità degli altri, di interpretare le richieste di aiuto che giungano non tanto dalle parole quanto dagli sguardi e dai volti degli altri” per dirla con Eugenio Borgna (da “Dignità ferita”).
In un momento storico in cui nulla sembra poter essere riportato allo spirito gentile la riflessione su questo tema potrebbe sembrare utopia, ma ciò che ci circonda sembra dirci in contrario.
La gentilezza ha una forza trasformativa dirompente che cambia il mondo interiore e quello esteriore, facendosi ponte e creando alleanze. È capace di superare le differenze culturali e di genere, di innescare un circolo virtuoso di benessere e positività. ESSERE GENTILI MIGLIORA PROFONDAMENTE LA QUALITÀ DELLA NOSTRA VITA: riduce l’ansia e lo stress, aumenta l’autostima, ci fa sentire più felici e appagati permettendoci di affrontare con più serenità le difficoltà quotidiane.
“Dobbiamo trattare con gentilezza di spirito e di azione il nostro io interiore, chi ci sta simpatico e chi invece, non capiremo mai, anche e soprattutto se non lo capiremo mai. La cura non è egoismo, né altruismo, è una disposizione d’animo necessaria per poter vivere, da soli e con le persone. È il paradigma dell’amore assoluto, quello che parte dall’osservazione (“cura” deriva dalla radice ku-/kav- “osservare”) e diventa responsabilità.”
– Mariangela Gualtieri –
Lascia un commento